venerdì 30 settembre 2016

L’ESPERTA – Cyberbullismo, quando l’uso sbagliato del web diventa infernet

Avv. Lina Caputo, Patrocinante in Cassazione
Il fenomeno del Cyberbullismo si inserisce in un contesto di emancipazione in cui, se non siamo ancora riusciti a creare il teletrasporto, ci siamo andati molto vicino, annullando quasi completamente le distanze comunicative tra gli individui.
Ci siamo riusciti creando una piattaforma sensazionale quale è Internet.
Come tutte le cose belle e nuove, Internet non poteva esimersi dall’ammalarsi e il Cyberbullismo è uno degli effetti malati dell’utilizzo sbagliato di internet, in grado purtroppo di trasformare uno strumento di avvicinamento tra le persone in un’arma diabolica.
Ecco che in un attimo si parla di Infernet.
Anche il cinema si è preoccupato del fenomeno, che si sta allargando a macchia d’olio, ed infatti qualche mese fa è stato proiettato al cinema Infernet, un film con Ricky Tognazzi, Remo Girone, Roberto Farnesi, Andrea Montovoli e con la regia di Giuseppe Ferlito. E’ un film che consiglio a tutti coloro che come me appartengono alla generazione delle cabine telefoniche, delle lettere da imbucare, delle telefonate a casa, una generazione libera: il film ricalca, in maniera talmente violenta quanto vera, quello che i giovani sono costretti a subire a causa di una malata utilizzazione di Internet.
Esattamente ciò da cui noi adulti dobbiamo proteggerli.
E infatti, il problema più grosso in Italia è che manca una Legge a tutela dei minori dal Cyberbullismo.
Abbiamo, in realtà, una proposta di legge, approvata di recente dalla Camera e in attesa di approvazione da parte del Senato che rappresenta un primo tentativo da parte del legislatore di, innanzitutto, riconoscere il fenomeno e, poi, di tutelare concretamente i minori.
La legge chiaramente si preoccupa dell’aspetto punitivo del fenomeno, quando a monte sarebbe necessaria un’attività forte di educazione dei giovani.
Fondamentale è la cura, per una malattia, come indispensabile è anche la prevenzione. E il fenomeno del cyberbullismo deve essere prevenuto.
Come?

Attraverso l’educazione dei giovani a navigare.
Educazione questa che parte dalle famiglie e deve continuare nelle scuole per consentirci di far crescere persone che abbiano chiaro il senso del rispetto: gestuale, verbale e (ora) soprattutto “digitazionale” o “virtuale” (consentitemi di coniare questi neologismi).
Il primo passo per combattere qualsiasi male è la conoscenza del fenomeno. I giovani devono essere quindi edotti sui rischi della rete, sulla portata distruttiva che può avere uno strumento quale Internet, per scegliere di evitare alcune condotte (prima moralmente e poi giuridicamente illecite), di cui, nella maggior parte dei casi, ignorano gli effetti reali, che sono devastanti e incontrollabili.
Effetti questi che tante volte sconvolgono anche noi adulti, come la cronaca recente ci mostra con il caso Cantore.
Ecco che la proposta di legge, in attesa di approvazione al Senato, interviene anche a tutela del diritto all’oblio.
La legge, così come formulata, tuttavia, consentirebbe la rimozione di qualsiasi contenuto che si ritenga lesivo per la propria persona.
Quindi, ci si chiede, anche notizie vere ma, semplicemente, scomode?
E’ qui che si interseca un problema fondamentale, che è quello del bilanciamento degli interessi.
Da un lato abbiamo un diritto costituzionalmente garantito, che è quello alla liberta d’espressione e dall’altro un diritto altrettanto importante, che è quello all’oblio.
Ci si dovrà chiedere: quando inizia il diritto all’oblio e quanto si può spingere in là la libertà di espressione?
Chiaramente il bilanciamento degli interessi è fondamentale, anche per evitare eventuali pronunce di incostituzionalità, poiché da un lato abbiamo il diritto all’oblio, tutelato dal Codice della Privacy, ma dall’altra parte abbiamo un diritto, alla libertà di espressione (art. 21 Cost.), che gode di protezione e tutela costituzionale.
Sarà quindi necessario, per il legislatore, prevedere una normativa che tenga conto di tutti gli interessi coinvolti.
E in questo contesto già così scosceso, si inserisce un ulteriore problema (come se ne avessimo pochi!).
Non esiste nel nostro ordinamento giuridico una regolamentazione che consenta di controllare i contenuti sul web.
Esiste sul punto un reale vuoto normativo, tra l’altro, difficile da colmare.
E’ difficile da colmare perché sussistono problemi di compatibilità tra il diritto alla libertà di espressione, già disciplinato, e il “controllo” a monte dei contenuti sul web.
Ed infatti lo stesso Cyberbullismo è paradossalmente agevolato dal fatto che nella (stra)maggioranza dei casi, per la Polizia Postale e per gli organi inquirenti, è difficilissimo, per non dire impossibile, risalire al soggetto che materialmente abbia posto in essere le condotte di cyberbullismo.
E, quindi, si concludono le indagini riportando, quale identificazione dell’indagato, la terminologia di “soggetto sconosciuto”, “soggetto non rintracciabile” il che porta, purtroppo, alla archiviazione dei procedimenti.
Quindi, in conclusione, i problemi legati al cyberbullismo sono sostanzialmente due: a monte abbiamo la difficoltà nel creare una normativa che bilanci i vari interessi coinvolti e sia, al contempo, efficace; a valle, invece, l’estrema difficoltà di rintracciare il soggetto che si trovava “dietro allo schermo del pc” o “davanti allo schermo del cellulare” e che quindi materialmente abbia tenuto una condotta illecita.
Pertanto, alla luce di queste mie brevi e generiche osservazioni, per poter arginare questo fenomeno, ormai già allargatosi a macchia d’olio, ritengo sia necessaria sicuramente una normativa forte e, soprattutto, un’attività molto più importante a latere: un’attività di educazione al rispetto.
Attività che parta dalle famiglie e che, a mò di staffetta, venga ceduta ed implementata nelle scuole, lì dove crescono i “noi” di un domani.
Avv. Lina Caputo
Patrocinante in Cassazione
CONTENUTI MULTIMEDIALI
Per ascoltare Lina Caputo, <cliccare qui>

Nessun commento:

Posta un commento