sabato 13 agosto 2016

La vittoriosa sconfitta di Dorando Pietri

Non sempre umanità e generosità sono amiche dello sport, a volte queste nobili virtù possono essere la causa di una “vittoriosa” sconfitta. Come è successo a Dorando Pietri.
Siamo nel 1908 nell’Italia giolittiana, alle prese con una forte migrazione, un sud in condizioni disagiate ed un’industria in fase di decollo. Roma suo malgrado rinuncia – con una buona dose di realismo – ad ospitare i Giochi olimpici che tanto de Coubertin avrebbe voluto si svolgessero nella “città eterna”. Tuttavia a Londra, scelta al posto di Roma, l’Italia saprà farsi valere grazie, e soprattutto, alla figura del “piccolo” grande Dorando Pietri.

Dorando Pietri nasce nel 1885 a Mandrio, una frazione di Correggio provincia di Reggio Emilia, da una famiglia di contadini. Ben presto incomincia a lavorare come garzone in una pasticceria, coltivando nel tempo libero la passione per la bicicletta e la corsa. Nel settembre 1904, mentre assiste a Carpi ad una gara podistica, il “piccolo” Pietri, era alto circa 1 m e 59, non resiste alla tentazione e, con ancora indosso gli abiti da lavoro, affianca il grande corridore Pericle Pagliani reggendone il passo sino al traguardo. È l’inizio “curioso” della carriera del giovane emiliano; qualche giorno dopo partecipa ad una gara sui 3 mila metri a Bologna, giungendo secondo. I due anni successivi sanciscono il talento del garzone che vince, tra l’altro, la 30 Km di Parigi del 1906 e, nel 1907, i titoli italiani dei 5 mila metri e della 20 Km. Risultati che ne fanno la punta di diamante dell’atletica italiana ai Giochi di Londra del 1908.
A Londra Pietri giunge con una meticolosa preparazione: Km nelle gambe e anche il tempo record per l’epoca, ottenuto poco prima della partenza per l’Inghilterra, di 2 ore e 38 minuti nella 40 Km.
Il 24 luglio si corre la maratona; Dorando parte piano, restando nelle retrovie per i primi Km; dopo 32 Km è secondo con un distacco di 4 minuti dal leader della corsa, il sudafricano Hefferon; al 39° Km la svolta: il sudafricano cede, Pietri lo raggiunge e lo supera.
Sembra fatta per l’atleta italiano che imbocca l’entrata dello stadio in solitaria, ma all’improvviso il dramma (sportivo):
Dorando sbaglia strada; fatto andare dai giudici nel verso giusto, cade per ben quattro volte, impiega dieci minuti per fare 350 metri riuscendo infine a tagliare il traguardo sorretto dal giudice Andrews. Finita l’agonia podistica, per Pietri inizia l’incubo: la squadra statunitense fa ricorso chiedendo la vittoria per Johnny Hayes; Pietri è squalificato per quell’aiuto ricevuto. Inizia qui la “vittoriosa” sconfitta dell’emiliano: colpita da quella vicenda, la regina Alessandra lo riceve e gli dona una coppa d’oro come sorta di “premio di consolazione”.
Questo racconto di Dorando Pietri, fece il giro del mondo consegnandolo alla storia dell’atletica leggera.
Fabrizio Silvestri – Giovanni Fenu

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