mercoledì 17 agosto 2016

Protesta afroamericana

In questa puntata vi raccontiamo i giochi olimpici del 1968 : un anno a dir poco rivoluzionario. Ancora non si sono spenti gli echi del maggio parigino, dell’uccisione di Martin Luther King e Bob Kennedy, della primavera di Praga, del massacro statunitense nel villaggio vietnamita di My Lay, e chi più ne ha più ne metta; in questo clima molto caldo si svolgono le Olimpiadi messicane di ottobre.
Le Olimpiadi messicane sono ricordate per una avvenimento accaduto durante la premiazione dei 200 metri. La gara si è appena conclusa e l’attenzione dello stadio (e del mondo) è tutta concentrata sulla cerimonia di premiazione, sul podio due afroamericani e un bianco. Il primo afroamericano e Tommie Smith medaglia d’oro con un nuovo record sulla distanza fissato sotto i 20 secondi, l’altro è John Carlos, il bronzo, in mezzo c’è il bianco australiano Norman medaglia d’argento.
Ricevute le medaglie, con stupore di tutti, i due statunitensi “salutano” il proprio inno scalzi, con un pugno inguantato di nero alzato al cielo e lo sguardo basso. È il loro modo di protestare contro la discriminazione ancora diffusa negli Stati Uniti verso gli afroamericani: il guanto nero simboleggia la solidarietà, il capo chino l’offesa subita e l’essere scalzi è emblema di povertà.

In tutto questo l’atleta australiano Norman, cresciuto in una famiglia molto credente e vicina all’Esercito della Salvezza, si associa “silenziosamente” alla loro contestazione: si appunta un distintivo di protesta, ma in pochi forse sanno, che era stato lui a suggerire ai due statunitensi di mettersi un guanto per uno, in quanto Carlos aveva dimenticato i suoi guanti al villaggio olimpico.
Le Olimpiadi del Messico ci hanno fatto capire che lo sport non può essere totalmente immune dall’influenza del clima politico e sociale, ma puo essere una ottima vetrina per lanciare sempre messaggi di pace e solidarietà
Fabrizio Silvestri – Giovanni Fenu

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